I Bersaglieri

divisa dei bersaglieri nel 1848

Divisa del 1848 (Museo del Risorgimento di Cremona)


Soldato di fanteria appartenente a un corpo specializzato istituito nell'esercito sardo nel 1836 dal re Carlo Alberto, su proposta di Alessandro La Marmora, allora capitano dei Granatieri, convinto degli utili servigi che avrebbe potuto dare una truppa di soldati di particolare prestanza fisica, agili e atti a spostarsi rapidamente sul terreno montuoso di gran parte del regno sabaudo di allora. La denominazione di bersagliere fu adottata, specialmente nel periodo risorgimentale, da varie formazioni volontarie in lotta contro lo straniero. Si ricordano i Bersaglieri Lombardi, costituiti nel 1848 su quattro compagnie al servizio del governo provvisorio di Lombardia e comandati da Luciano Manara, e i Bersaglieri del Po, compagnia volontaria costituita a Ferrara nel 1848 sulla forza di circa 100 uomini. Aggregati alle truppe pontificie della divisione Durando, combatterono a Cornuda e poi al Monte Berico. L'anno seguente, accresciuti di numero, i Bersaglieri del Po parteciparono a vari combattimenti contro gli Austriaci. I bersaglieri ebbero il battesimo del fuoco a Goito (8 aprile 1848), nella I guerra di indipendenza e, da allora, parteciparono a tutte le guerre combattute dall'esercito italiano, distinguendosi, in particolare, alla presa di Roma (breccia di porta Pia). Il loro impiego fu, dapprima, per battaglioni, assegnati a ogni divisione di fanteria; a partire dal 1864 i battaglioni di bersaglieri vennero raggruppati in reggimenti. Nel 1910 ogni reggimento di bersaglieri aveva un battaglione di ciclisti su tre compagnie; durante la I guerra mondiale i reggimenti furono portati a 21, raggruppati in 8 brigate. I reparti ciclisti furono destinati a far parte, con reparti di cavalleria e di artiglieria a cavallo, di speciali unità celeri. Le brigate dei bersaglieri furono sciolte dopo la fine del conflitto. Nel periodo fra le due guerre, il corpo dei bersaglieri subì varie trasformazioni organiche e, in armonia con i progressi tecnici, con le nuove concezioni operative e con l'estendersi della motorizzazione militare, ebbe reparti motociclisti, motomitraglieri, motorizzati e, infine, corazzati. Con questi nuovi mezzi e ordinamenti i bersaglieri parteciparono alla II guerra mondiale combattendo su tutti i fronti: Africa settentrionale, Grecia, Russia, sempre distinguendosi per singolare valore. Attualmente i bersaglieri sono inquadrati nelle brigate corazzate e meccanizzate con uno o due battaglioni ciascuna. Appartiene alla specialità bersaglieri il battaglione (18º "Poggio Scanno") più decorato dell'esercito italiano avendo ereditato le tradizioni e la bandiera del 3º reggimento bersaglieri.

 

Le guerre d'indipendenza

Guerre combattute contro l'Austria, per l'indipendenza italiana, dal Regno di Sardegna (1848-49 e 1859) e dal Regno d'Italia (1866).


La prima guerra d'indipendenza


Premesse alla I guerra furono l'insurrezione milanese delle Cinque Giornate (18-22 marzo 1848), che obbligò Radetzky a lasciare la città, e quella veneziana dalla quale era scaturito il governo provvisorio guidato da Manin. Nel Lombardo-Veneto gli Austriaci erano stati costretti a lasciare i centri abitati per stanziarsi nel quadrilatero costituito dalle piazzeforti di Verona, Legnago, Peschiera e Mantova. Il 23 marzo l'esercito piemontese faceva il suo ingresso in Lombardia e il 9 aprile avvenne il primo scontro presso il ponte di Goito. Gli Austriaci si attestarono a Verona. Dopo giorni di incertezze, il 30 aprile i Piemontesi occuparono Pastrengo cacciando gli Austriaci; i primi di maggio tentarono l'attacco a Verona, ma furono sconfitti a Santa Lucia (6 maggio); qualche giorno dopo investirono Peschiera che assediata capitolò in mano ai Sardi il 30 maggio. Frattanto il 27 maggio Radetzky si era portato fuori Verona e il 29 aveva piegato la resistenza degli studenti toscani a Curtatone e a Montanara, ma il 30 venne fermato e sconfitto a Goito dai Sardi. Trascorsero quindi una decina di giorni di inazione finché l'iniziativa sabauda si ridusse a una vittoria senza conseguenze sull'altopiano di Rivoli (10 giugno). Occorre precisare che la strategia dell'esercito piemontese era resa inefficace dalla contraddittoria tendenza di muovere all'attacco e nel frattempo di attestarsi su valide posizioni difensive. Inoltre era venuto meno l'aiuto promesso dai Pontifici e dai Napoletani, e ben pochi furono i volontari che si arruolarono. La rioccupazione austriaca del Veneto permise a Radetzky di ricevere notevoli rinforzi dall'Austria e di prendere in considerazione nuovi piani. Il 23 luglio l'esercito austriaco mosse all'offensiva contro il fronte piemontese che si stendeva dal Garda a Mantova e lo infranse dopo quattro giorni di battaglia che ebbe Custoza come epicentro. L'esercito piemontese, vinto ma ancora in forze, scelse allora di ritirarsi arretrando fino a Milano, sotto le cui mura oppose una vana resistenza (4 agosto). Il 9 agosto il generale Salasco firmò l'armistizio per il quale l'esercito sabaudo era costretto ad abbandonare i territori occupati. Lo stesso armistizio fu denunciato dal Piemonte il 12 marzo 1849 e la guerra riprese, ma durò soltanto dal 20 al 23 marzo per la schiacciante vittoria riportata dagli Austriaci a Novara. Re Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II che firmò l'armistizio di Vignale al quale seguì la Pace di Milano (6 agosto 1849).

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