A ricordo di quel triste giorno: 21 Novembre 1958

 

Era un freddo e limpido  giorno autunnale.

 

Un tenue sole irradiava ogni cosa, la campagna risplendeva di colori ambrati e la terra appena arata attendeva il seme per un raccolto di vita.

 

Un gioioso venerdì arricchito dal nostro mercato.

 

La gente in piazza a fare la spesa sulle bancarelle ricolme di merce. Si sentiva in lontananza il vociare dei bambini nel cortile delle Suole Elementari per la ricreazione.

 

Io giovinetta stavo facendo la mia prima esperienza d'impiego nello studio tecnico del Geom. Giacomo Braguzzi, in Via Gramsci qui a Governolo

 

Sto scrivendo a macchina, ad un tratto sobbalzo ad un forte boato che con un colpo tremendo ha fatto palpitare il mio cuore e mi ha stordita.

 

Subito non realizzo cosa può essere, ma poi istintivamente corro fuori come a cercare libertà e motivazioni a quella strana cosa.

 

Incontro gente che corre verso le Scuole o verso la piazza. Odo voci terrorizzate ripetere:"E' cascà di reoplan. I putlèt, la tor, brusa tùt " (Sono caduti degli aerei. I bambini, la torre, brucia tutto).

 

Io non so dove andare, ho una grande paura. Vorrei correre a cercare tutti i miei cari, vorrei correre a vedere tutta la gente, vorrei correre a vedere tutto il mio paese. Terrorizzata da quel presente saturo di mistero mi dirigo verso la scuola quasi a voler controllare quella realtà. In ogni angolo del cortile si notano sparsi pezzi di rottami di ferro, insegnanti e bambini spaventati attorno. Tutti sono incolumi, nessun danno a persone od a cose.

 

Col cuore in gola corro verso la piazza quasi a seguire quella nube grigia che si alza prepotente nel cielo. Gente spaventata, rottami sparsi un po' ovunque, un mercato vociante, sconvolto, un paese terrorizzato cosparso da vari pezzi di aereo.

 

Attraverso tutto il paese e mi unisco quasi correndo ad altra gente verso il ponte. Si va tutti verso la Ca' Lunga dove sono finiti i pezzi più consistenti degli aerei, delle carlinghe e sperando di trovarvi salvi gli occupanti .

 

Ricordo quella grande nube nera, quell'acre odore di carne bruciata, quei rottami sparsi a parlare di morte, quei brandelli di carne scaraventati su quella rete metallica a recinzione di un fossato. Ricordo il mio pianto a cercare chi non conosco, chi più non c'è, chi dovrà consolare, chi dovrà pregare, chi dovrà indagare. Un pianto che non ha confine e volto, perchè la morte è universale. Il dolore per la vita che abbandona la sua realtà umana è collegato come un cordone ombelicale ad ogni essere, perchè ci sentiamo e siamo creature create.

 

Ricordo il volto di una madre che riviveva in quella straziante scena la tragica morte del figlio in guerra.

 

Ricordo tanti militari, il volo di elicotteri e ricordo verso sera una tenue pioggia quasi a voler attutire e spegnere quei fuochi fatti di rottami ancora accesi, quasi a cancellare quella visione di morte, di dolore.

 

Ma vorrei soprattutto riportare oggi i pensieri che mi aiutarono allora giovinetta a ritrovare conforto, a dare consolazione al mio dolore, a pensare con amore a quei due ragazzi, a consolare nel mio cuore quelle madri piangenti, a dare una risposta ad un disastro così imponente che non aveva creato morti o danni tra tutti noi.

 

Io,come allora, sono convinta che Mimmo e Patrizio nel loro impatto si siano accorti che stavano precipitando su un paese ed abbiano pilotato i loro mezzi fino a portarli fuori dall'abitato per salvarci da una grande tragedia. Mi piace e voglio tenerli nel mio cuore così, come allora.

 

Voglio ricordare la loro giovane vita spezzata come un dono d'amore, un segno di pace per tutti noi, e salutarli con gratitudine proprio come quel lontano venerdì di Novembre del 1958 e ripetere: "Grazie Mimmo. Grazie Patrizio."

 

BRUNETTA VICINI

Ritorna