Sapori
del Mantovano
|
|
|
Vialone Nano Mantovano
Nelle terre dei Gonzaga il riso si coltiva dal Cinquecento, ma soltanto
alla fine dell’Ottocento si codificano le prime varietà: si chiamano
Nostrale, Ostiglia, Novarese, Leoncino. Nel 1901 i fratelli De Vecchi
di Vialone (Pavia) selezionano il Vialone Nero. Questa varietà ottima
e dal chicco molto grande si diffonde nel Veronese, nel Rodigino e quindi
nel Mantovano. La seconda tappa importante è il 1925, quando la Stazione
sperimentale per la cerealicoltura di Vercelli incrocia il Vialone con
il Nano. Il nuovo riso mantiene le caratteristiche organolettiche del
Vialone, ma è più piccolo. E proprio il Vialone Nano diventa, poco per
volta, tipico del Mantovano. Con gli anni si riducono le risaie (per
stabilizzarsi tra i 700 e i 1500 ettari), scompare il mestiere malsano
delle mondine, ma non varia di molto la tecnica di lavorazione. Si trebbia,
si fa essiccare il risone, si pila (per eliminare la lolla) e si sbianca.
Più la lavorazione è spinta, più il riso è bianco, brillante, poco farinoso,
ma anche povero di sapore, di profumo e di sostanze nutritive. A parità
di materia prima la pilatura è fondamentale per determinare la qualità
del riso. Oggi esiste un Consorzio di Tutela del Riso Vialone Nano Mantovano
(tel. 0376 368865) ed è in via di riconoscimento l’Igp.
|
|
|
|
Bauli, riccioline e schiacciatine
I pani tradizionali mantovani appartengono alla tradizione dei pani
a pasta dura, tipici della pianura padana, ottenuti mantenendo un basso
tasso di umidità nell’impasto. Uno dei più antichi è il baule mantovano,
realizzato impastando farina di grano tenero, acqua, lievito madre,
sale. Dopo la lievitazione si formano dei panini di circa 2 etti, tondi,
con tagli e rigature centrali che fanno fuoriuscire una cresta. Dopo
un’ora di riposo si cuoce in forno. Negli anni recenti si è rimpicciolito.
Variante del baule è la ricciolina: secca, croccante, condita con olio
e strutto, è fatta a mano arrotolando su se stessi, fino a formare un
fiocco, due filoncini di pasta (la forma è simile a quella della coppietta
ferrarese). La schiacciatina era l’antico alimento dei contadini che
la consumavano al posto del pane durante i lavori in campagna. Si tratta
di una focaccetta quadrata ottenuta impastando farina di grano tenero,
acqua, sale e strutto. Quando l’impasto ha raggiunto la consistenza
ottimale si lascia riposare, poi si taglia in tanti pezzi a cui viene
data una forma quadrangolare, dello spessore di pochi millimetri. Si
cuoce per breve tempo e si consuma come il pane. La ricetta risale al
Rinascimento ma a quel tempo si realizzava in forme diverse e si cuoceva
sovente sotto la cenere. La schiacciata, più grande, a Mantova è arricchita
da greppole oppure da erbe aromatiche, cipolle e altro.
|
|
Salame Mantovano
In provincia di Mantova la tradizione norcina è antichissima: non c’è
famiglia contadina che non allevi i suoi suini e che non faccia salami.
Le prime notizie sul salame Mantovano risalgono addirittura al 1492.
Non esiste una tipologia standard di produzione: le varianti sono infinite.
La pezzatura va dai 500 grammi ai 3,5 chili, il diametro può misurare
5 o 15 centimetri e la lunghezza va dai 20 agli 80 centimetri. Comune
a tutte le tipologie è la presenza importante di aglio fresco e di pepe
nero in grani interi o spezzati. Poi c’è chi mette un po’ di grappa,
chi un po’ di Lambrusco, chi profuma con chiodi di garofano o con cannella.
La carne ben mondata, macinata e condita, è insaccata in budello suino
naturale. Dopo 12 ore di asciugatura, i salami vanno in ambienti freschi,
umidi e aerati a stagionare: le pezzature piccole per almeno 3 mesi,
quelle grandi per minimo 6 mesi. Il miglior salame Mantovano ha un colore
rosso fragola intenso, una pasta soda e morbida, una grana grossa con
grassoli bianchi o rosa, sapore armonico, odore fragrante, complesso
e un fine aroma di aglio.
|
|
Salame con la lingua
Secondo una tradizione antichissima il salame con la lingua si consuma
per la festa dell’Ascensione, la quarta domenica di maggio. Si fa con
la lingua del maiale, tagliata longitudinalmente e infilata con un apposito
attrezzo dentro il salame già insaccato. Il resto dell’impasto è carne
di maiale macinata (70% di magro; 30% di grasso), sale, pepe, aglio
e, a seconda delle ricette, cannella e chiodi di garofano. Il salame
di lingua non deve stagionare a lungo e prima del consumo deve essere
lavato accuratamente e cotto per tre, quattro ore. Si mangia a fette,
solitamente caldo, ma è ottimo anche freddo.
|
|
Cotechino Mantovano
Un terzo di muscolo dei quarti anteriori, un terzo di gola, un terzo
di cotiche: questa è da sempre la ricetta del cotechino che si prepara
in provincia di Mantova. Carni suine e cotenne, macinate a grana media,
sono salate e insaccate in budelli naturali; i cotechini sono poi lasciati
asciugare per un giorno o due. La forma è cilindrica, il peso medio
sui 700, 800 grammi, il colore rossastro-bruno, l’odore di cotiche,
la consistenza morbida. Il cotechino si consuma cotto, dopo breve conservazione
al freddo.
|
|
Salamella Mantovana
è una salsiccia di carni suine (magro di spalla, grasso morbido di
rifilatura di pancetta e prosciutto) macinate, salate, condite con aglio
e pepe e insaccate in budelli preparati in filze. Lunga circa 15 centimetri,
con diametro di 4, pesa dai 150 ai 200 grammi; è morbida al tatto, ha
sapore gustoso di carne fresca, vago profumo di aglio, colore rosso
rubino. Si vende freschissima e si consuma cotta, ai ferri o nel tegame
con il vino bianco e aromi (mai lessata), oppure, dopo averla sminuzzata
con le mani o con un coltello, come condimento per il riso alla pilota.
|
|
Gras pistà
è un lardo fresco battuto con il coltello, aromatizzato con prezzemolo
e aglio: i contadini mantovani lo spalmavano sulle fette di polenta
abbrustolite oppure lo aggiungevano alle minestre.
|
|
Greppole
Le greppole sono ciccioli aromatizzati: i residui (ritagli di carne,
cartilagine, grasso sottocutaneo) della lavorazione del maiale – ma
anche dell’oca – sono riscaldati a vapore in vasche di rame con strutto
fuso e poi pressati, conditi con sale e altri aromi oppure con zucchero
e spezzettati a mano o sistemati in stampi a mo’ di torta. Più o meno
croccanti, a seconda del grado di cottura, sono saporitissimi e si consumano
come stuzzichini.
|
Torta sbrisolona
Anello di Monaco
|
Sbrisolona, torta di tagliatelle, busolan
Fatta con farina di frumento e di mais, uova, mandorle, zucchero, strutto
o burro, la sbrisolona è una torta secca dall’impasto a grumi, che non
va tagliata ma spezzata con le mani. Imparentata con altre torte rustiche
venete e trentine, è una nota specialità mantovana. Guarda invece alla
Bassa emiliana la curiosa torta di tagliatelle o turta tajadlina – che
ha tra gli ingredienti farina bianca, uova, mandorle, zucchero, liquore
all’anice – una sfoglia dolce da cui si tirano tagliolini sottili. Altri
due prodotti tipici sono l’Anello di Monaco (una ciambella ricoperta
di glassa e ripiena di mandorle, nocciole, liquore) e il busolan o bussolano,
altra morbida ciambella (ma può anche avere la forma di una “esse”)
di farina di frumento, lievito, uova, burro, zucchero, vaniglia e altri
aromi: pesa dai 6 agli 8 etti, con crosta friabile di colore dorato,
profumo e sapore burroso.
|
|
Mostarda Mantovana
In provincia di Mantova la mostarda si fa tradizionalmente con mele
della cultivar Campanina o di altre varietà a polpa molto consistente,
oppure con mele cotogne. La frutta va sbucciata, tagliata a fette sottili
e lasciata riposare per 24 ore coperta di zucchero. Poi si scola il
liquido, lo si fa bollire, lo si versa sulle mele e si lascia riposare
per altre 24 ore. L’operazione va ripetuta tre volte. Il quarto giorno
si bollono insieme a lungo frutta e sciroppo, si aggiunge senape liquida
(sei gocce ogni chilo) e si lascia riposare qualche ora prima di trasferire
il tutto in vasetti a chiusura ermetica. Questa mostarda è usata soprattutto
come ingrediente dei tortelli mantovani.
|
|
Pera Tipica Mantovana Igp
Il Mantovano, in particolare il suo Oltrepò, vanta una delle più interessanti
e antiche tradizioni di pericoltura di qualità. Nel Medioevo la coltivazione
degli alberi da frutto era appannaggio di nobili ed ecclesiastici, che
si dedicavano nei giardini e nei “broli” ad allevare e innestare varietà
diverse. Nel Novecento la frutticoltura divenne una produzione altamente
specializzata. Oggi, su circa 1500 ettari impiantati a pero in Lombardia,
poco meno di mille ettari sono in provincia di Mantova, per un raccolto
che si aggira sui 210 mila quintali l’anno. Le varietà più presenti
sono la Abate Fetel (buccia verde chiaro-giallastra e rugginosità intorno
al peduncolo), la Decana Comizio (liscia, di colore verde chiaro-giallastro
e rosa con rugginosità sparsa), la Conference (verde-giallastra con
rugginosità diffusa), la Kaiser (ruvida e rugginosa), la William e la
Max Red Bartlett (liscia, di colore giallo-rosato a volte striato).
Le pere sono reperibili sul mercato tra il 10 agosto e il 31 maggio
dell’anno successivo alla raccolta. I tecnici sono però anche impegnati
in una preziosa opera di recupero delle varietà locali. In base al regolamento
che le ha riconosciuto l’Indicazione geografica protetta, la Pera Mantovana
è prodotta in 27 comuni della provincia, di cui due compresi nei confini
del parco: Bagnolo San Vito, Virgilio.
Come si consuma
La pera mantovana ha proprietà diuretiche, depurative, regolatrici
intestinali e una composizione e una struttura tale che è possibile
consumarne anche un quantitativo elevato senza introdurre troppe calorie.
La percentuale di zuccheri contenuti è in gran parte costituita
da fruttosio, per cui il suo consumo è consentito anche ai diabetici.
Oltre al tradizionale consumo fresco, la pera in cucina trova largo
impiego come ingrediente per dolci, macedonie e pietanze oppure si gusta
al naturale, accompagnata a formaggi: è un classico della tradizione
contadina italiana labbinamento con Provolone, Parmigiano Reggiano
e Pecorino.
|
|
Melone
Da quanto è possibile conoscere, il territorio della provincia di Mantova,
e in particolare la zona di Viadana, iniziarono a essere interessati
dalla coltivazione del melone verso la fine del XV secolo.
Tradizionalmente coltivato sui terreni alluvionali e fertili della piana
alluvionale del Po (Viadana e Sermide), nell’ultimo ventennio è nato
un altro importante centro di produzione nell’area di Gazoldo e Rodigo
(comune del Parco del Mincio). In quest’area si concentrano i tre quarti
della produzione lombarda di meloni. Ognuna delle tre zone menzionate
ha un proprio periodo di produzione: i primi frutti provengono dal Sermidese,
poi seguono quelli del Viadanese, per finire, nella zona di Gazoldo
e Rodigo, con il melone della Postumia. Il Consorzio di Tutela del melone
della Postumia è in fase di costituzione, nel frattempo è referente
il comune di Rodigo (tel. 0376 684922). Tra le varietà più coltivate
si annoverano la Harper e la Supermaket (di media precocità), la Tamaris
(tardiva), la Calipso (a produzione scalare). A giugno si tiene a Sermide
una Fiera nazionale del melone.
|
|
Grana Padano Dop
Ricca di acque e quindi di foraggi che alimentano una fiorente zootecnia,
la Valle del Mincio dà un contributo rilevante alla produzione di questo
notissimo formaggio vaccino, la cui denominazione d’origine copre tutto
il bacino padano, dalle sorgenti al delta del Po, comprese le montagne
trentine. La tecnica di produzione è codificata nel disciplinare, approvato
dall’Unione Europea nel 1996. Il latte crudo di due mungiture dello
stesso giorno, parzialmente scremato per affioramento, è posto in grosse
caldaie di rame e scaldato a 31, 33 gradi. La cagliata è rotta in particelle
delle dimensioni di un chicco di miglio; si passa quindi a due successive
cotture, la prima a 43, 44 e la seconda a 54, 56 gradi. Quando la massa
è sufficientemente elastica la si estrae con dei teli dividendola in
due blocchi che verranno collocati nelle fascere. Rivoltate più volte
e salate in bagno di salamoia per 28 giorni, le forme sono messe a maturare
in locali climatizzati (temperatura 18, 20 gradi, umidità 85%) dove
stagionano per un periodo variabile dai 12 ai 36 mesi, durante il quale
sono costantemente tenute sotto controllo, rivoltate e pulite. La crosta
– che deve portare i marchi del Consorzio di Tutela, con il numero di
casello e la data di produzione – è dura, liscia e spessa, di colore
giallo scuro o dorato. La pasta è giallo paglierino, finemente granulosa,
con frattura a scaglie: non presenta occhiature e in bocca è fragrante,
con sapore deciso ma al tempo stesso delicato, mai piccante. è formaggio
da tavola e da grattugia.
Come si consuma
Il Grana Padano può essere consumato nei modi più svariati,
grattugiato, a scaglie o a lamelle. In ogni versione aggiunge un delicato
sapore ai cibi che accompagna, senza sovrastarne il gusto, ma completandolo
e valorizzandolo. Nella versione più giovane, con circa un anno
di stagionatura, è un ottimo formaggio da tavola, mentre quando
supera lanno e mezzo di invecchiamento è più compatto
e più adatto alla grattugia.
È ottimo come aperitivo abbinato a vini bianchi, fermi, frizzanti
o spumanti, mentre, a fine pasto, si può abbinare a vini rossi,
meglio se invecchiati.
|
|
|
|
LAMBRUSCO MANTOVANO (DOC)
Il Lambrusco Mantovano Doc è considerato la bandiera enologica
della Bassa Padana orientale. Eletto a vino della tradizione
dagli emigranti che lo hanno esportato fin oltre oceano, il Lambrusco
Mantovano trae origine dai vitigni coltivati fra il fiume Oglio e il
fiume Po e nellOltrepò mantovano. In queste terre la tradizione
vinicola risale al tempo dei benedettini, come dimostrano le testimonianze
sullimposta vinicola che i monaci di Polirone imponevano agli
affittuari a cui affidavano le proprie terre.
Come si consuma
Per coglierne appieno il gusto, è consigliabile abbinare il Lambrusco
Mantovano Doc con preparazioni poco o abbastanza strutturate, come brodini
di carne, bolliti misti e cotechini in umido. Se ne consiglia la degustazione
in calici per vini rosati freschi, a una temperatura compresa fra i
14 e i 16°C. Il periodo ottimale di consumo è entro uno o
due anni dalla vendemmia.
Zona di produzione: Il Viadenese e l'Oltrepò Mantovano.
Tipi: Vino frizzante da pasto.
Uve: Lambrusco.
Gradazione alcolica: 10,5°.
Colore: Rosso rubino.
Profumo: Fragrante, caratteristico, aromatico.
Sapore: Secco o amabile, sapido, frizzante.
Bicchiere: Per rosso tranquillo da pasto.
Età ottimale: 1 anno.
Temperatura di servizio: 14-16° C.
Accostamenti: Salumi, tortelli di zucca se amabile.
|
|
RITORNA
|