La più antica
testimonianza dell'esistenza della nostra parrocchia si può
trovare nel diploma emesso dall'imperatore Corrado il Salico nel
1037. Il Sovrano del Sacro Romano Impero scese dalla Germania in
Italia per una controversia scoppiata fra l'Arcivescovo di
Milano Ariberto e i valvassori. L'imperatore fu ospitato nel
contado mantovano e precisamente nel castello di Canedole. Il
Vescovo mantovano Itolfo, approfittò di tale occasione per
ottenere la conferma dei beni del suo vescovado e così nel
documento imperiale sono enumerate 35 pievi. Esse sono le
parrocchie di quei tempi, in cui si poneva l'accento sulla
chiesa ove avveniva l'iniziazione cristiana (battesimo) e che
quindi era munita del sacro fonte battesimale. Nella elencazione
delle pievi sono citate « plebs S. Caxiani... » (il probabile
monastero distrutto dagli Ungheresi ... ); « S. Martini in
Casale Barbati » (probabilmente l'azienda agricola denominata S.
Martino nell'attuale circoscrizione parrocchiale di Governolo e
da esso distante Km. 2,9); « S. Laurentii in Casale » (un borgo
distante Km. 1,9 da Governolo); infine la nostra « plebs de
Gubernule ».[1] Dall'ordine dell'enumerazione, scrive il Marani
traspaiono gli itinera visitationum, cioè i viaggi del Vescovo
per visitare le pievi. La chiesa madre o prioria delle nostre
pievi era quella di Barbasso la cui influenza territoriale si
estendeva per circa 10 miglia da Bigarello a Septingenti (Sustinente).
Nel 1160 Federico Barbarossa citò in un diploma emesso da
Pavia[2] solo 5 pievi, fra le quali quella di « S. Martini quae
Guvernula vocatur » (da non identificare con S. Erasmo di
Governolo). Il Carreri dimostra con una serie di documenti,
l'organizzazione collegiale del clero o « fraternitas » in
alcune pievi fra le quali troviamo quella di S. Martino del
Fissero e quella di S. Erasmo di Governolo. Si tratta di un
documento del 1232 in cui si afferma che i preti e le «
fraternitas » di dette chiese promisero al Vescovo di liberare
le pievi dai debiti e di farle officiare pagando le dazie dal
Vescovo o dal Legato apostolico.[3]
Governolo nel 1.000
Tratto da Claudio Gobbetti "Governolo: un viaggio nella storia"
p. 30 - 33
Intorno
al mille, nella realtà mantovana, venne ad inserirsi la potente
famiglia dei Canossa. Essi erano già Signori di larga parte
della Toscana e dell'Emilia. A cominciare dall'anno 961, fu
Adalberto Atto di Canossa, il quale divenne titolare di alcune
considerevoli proprietà immobiliari nella città e nel contado
mantovano; tra esse l'isola Muricola delimitata dai fìumi Po e
Lirone, sulla quale sorgeva una cappella dedicata a S. Benedetto
da Norcia. Nel 1.007 suo figlio Tedaldo, fondò l'abbazia che dai
due fiumi si denominò S. Benedetto in Polirone. Tale abbazia fu
per i Canossa molto importante e i gubernolesi avevano forti
legami politici ed economici con essa. Figlio di Tedaldo fu il
Marchese Bonifacio, alla cui morte nel 1052, i vasti
possedimenti canossiani passarono al fìglio Federico. Egli morì
poco dopo e i suoi beni, sotto la tutela della madre Beatrice,
passarono alla giovanissima Gran Contessa Matilde, nata nel
1.046 circa. Nel 1.088 un documento testimonia che il Vescovo di
Mantova Ubaldo, acquista dalla contessa Matilde la zona di
Barbasso e le ville soggette ad essa: S. Martino, Governolo,
Carzedole, Roncoferraro.[4] Sempre nello stesso anno, un altro
documento stabilisce che la Contessa possa tornare in possesso
delle terre vendute, versando entro dieci anni una somma
pattuita col Vescovo.[5]
[1] R.M. n. 59, pag. 44, 31
marzo 1037. [2] 12 R.M. pag. 213, 21 febbraio 1160. [3] 13 F.C.
CARRERI, Appunti e documenti dell'episcopio mantovano al tempo
di Guidotto da Correggio, Atti e memorie dell'Accademia
Virgiliana, vol. 1, parte prima, Mantova 1908, pag. 78, 84; Per
un ulteriore approfondimento E. Marani in "Atti e Memorie", la
medioevale partizione plebana della diocesi di Mantova, vol. XLV,
Mantova 1977 pp. 89 - 146 [4] Torelli, R.M. n. 108 [5] Torelli,
R.M. n. 109.
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