In memoria del prof. Giorgio Zamboni

 

Un Dono per la Comunità

Ci sono persone che vivono più delle altre. Persone che fanno molte cose nella loro vita,
e le fanno in modo straordinario. Ci sono medici che combinano una preparazione profonda, uno studio continuo e un’umanità
che ci porta ad affidare loro i nostri
bambini con la fiducia più completa.
Ci sono uomini di cultura dalla curiosità insaziabile e dall’energia che non conosce riposo, aperti a tutti i campi della conoscenza, pronti a rivoluzionare vecchie
istituzioni, a tornare studenti,
ad attraversate l’Italia per quanta
è lunga inseguendo un’opera rara.
Ci sono insegnanti che guardano
lontano, hanno fiducia nei giovani,
pungolano a uscire dai sentieri
tracciati, incoraggiano il talento e
la passione dove li vedono.
Ci sono pensatori che affrontano
i dilemmi più difficili del nostro
tempo, li analizzano alla doppia
luce della scienza e della fede, raggiungono conclusioni con rigore e coraggio e, così facendo, aprono sentieri nuovi per il pensiero e l’azione altrui.

 

GIORGIO ZAMBONI

Giorgio

 

 

Ci sono amici che, pur nella foga di una vita intensissima, partecipano alla quotidianità del paese ogni volta che possono, onorano le vecchie tradizioni, hanno una parola scherzosa per tutti e non dimenticano le persone attorno a loro. Ci sono persone così.
Sono rare, sono un dono per qualsiasi comunità. Noi ne abbiamo
avuta una in Giorgio Zamboni,
che riuniva in sé tutti questi aspetti e l’abbiamo perduta troppo presto.
A noi, suoi compaesani, restano un
rimpianto profondo e un’eredità da
coltivare, fatta di generosità, rigore,

fede e intelligenza.

 

Chiara Prezzavento - Governolo 2011

 

"Una grave perdita"

di Piero Gualtierotti


E' scomparso il Prof. Giorgio Zamboni.
Il 4 agosto a soli 68 anni, ci ha lasciati il prof. Giorgio Zamboni.
Si era laureato in Medicina e Chirurgia a Modena nel 1969,
aggiungendo poi le specializzazioni in Pediatria, Neonatologia,
Genetica Medica, Citogenetica Umana. A Verona la prima e prevalente
parte del suo percorso, come ordinario di Pediatria alla Clinica
Pediatrica dell'università di Verona, dove aveva svolto, dal
1977 al 2003 un'intensa attività didattica e seminariale, con attenzioni
estese alla Bioetica ed alla Genetica. Nutrita anche la
pubblicistica sulle riviste specializzate e la partecipazione ai convegni
scientifici. Nel gennaio 2008 assumeva la direzione del Dipartimento
Materno Infantile e dal giugno successivo, dell'Unità
Operativa Complessa del Poma. II progredire della malattia lo
costringeva a lasciare l'ospedale dal luglio 2010.
Ma Zamboni aveva allargato i suoi spazi culturali fino ad
una seconda laurea, in Filosofia, ottenuta nel 1999 all'Università
di Verona.
Nominato accademico virgiliano nella Classe di Scienze Matematiche,
Fisiche e Naturali, nel marzo 2009 veniva chiamato
dal Collegio Accademico alla presidenza.
La scelta non poteva essere più appropriata: il prof. Zamboni
univa alla formazione scientifica quella umanistica e
spaziava quindi in tutte le branche del sapere. Da non trascurare
la grande passione per la musica che gli aveva dato modo
di creare un prezioso archivio personale.
Nel trigesimo del funerale l'Accademia Nazionale Virgiliana
ha voluto ricordarlo, ed è toccato proprio a me, allora vice
Presidente, rivivere i tristissimi momenti dell'ultimo penoso
periodo, che avevano ancor più cementato l'amicizia e la collaborazione.
Nel settembre dello scorso anno il prof. Zamboni volle darmi
prova concreta della sua amicizia portando il suo prestigio, personale
e di Presidente dell'Accademia, al convegno nazionale dei cronisti
e delle riviste di storia locale che si teneva a Castel Goffredo.
Non avrei mai immaginato che meno di un anno dopo ne avrei
pianto la perdita e che oggi,[6-9-2011] ne avremmo commemorato
la scomparsa.
La notizia del male che lo aveva colpito me la diede egli stesso
nel mese di novembre, debbo dire con una certa crudezza ma,
nello stesso tempo, con semplicità se non addirittura con serenità;
ed io ne fui sgomento.
Mi consegnava il gravoso compito di sostituirlo, di proseguire
nel cammino che aveva intrapreso, e di dare esecuzione al programma
già tracciato.
Quella che auspicavo essere una sostituzione momentanea, si
andò sempre più protraendo; ma, appena gli fu possibile, riprese
personalmente le redini dell'Accademia, con grande sacrificio e sofferenza,
ma con l'entusiasmo di sempre. Partecipò personalmente
ad alcuni convegni già fissati e ne programmò di nuovi.
Inesorabilmente le forze gli vennero meno e fu costretto a diradare
le sue presenze, ed infine a sospenderle.
Nel corso delle nostre settimanali conversazioni telefoniche lo
tenevo aggiornato, e gli chiedevo consigli, sulla vita accademica
che lo vedeva pur sempre quale ineludibile punto di riferimento.
Nonostante il grande amore che nutriva per l'Accademia - o
forse proprio per quello - mi manifestò piu volte l'intendimento di
dimettersi dalla carica di Presidente, quasi si sentisse un ostacolo;
ed io lo scongiuravo di rimanere, lo rassicuravo che intanto avrei
sopperito, con l'essenziale contributo del segretario generale, ad
un'assenza che valeva considerare ancora temporanea.
L'ultimo colloquio telefonico risale a due settimane prima della
sua scomparsa, quando ancora rispondeva, faticosamente al
cellulare. La sua situazione - senza che mai si lamentasse o compiangesse
- mi venne così, semplicemente, rappresentata: "non va
mica bene eh, Piero".
Ancora oggi risuona nelle mie orecchie quello che sarebbe stato
il suo saluto d'addio: "Ciao, caro" ; ed io lo porterò sempre nel cuore.

Piero Gualtierotti


Intitolata al prof. Giorgio Zamboni la biblioteca comunale di Roncoferraro

Biblio ronco

Intervento in commemorazione del Professor Giorgio Zamboni
 Sala “ G. Di Capi” - Barbasso di Roncoferraro - 28 settembre 2012

Ad eminenti personalità della cultura, della scienza medica, della musica e del teatro è toccato il compito di commemorare la poliedrica figura di Giorgio Zamboni l’anno scorso presso l’Accademia Virgiliana e il teatro Bibiena a Mantova. Nell’ambito di questa iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Roncoferraro, a me è stato affidato il compito di ricordarlo nel suo impegno sul nostro territorio, cosa che lui non considerava assolutamente una diminutio. Tralascerò di parlare dell’annuale convegno di etica e salute presso il Santuario di Barbassolo, sostenuto assieme a Don Ezio e di cui negli ultimi anni fu  direttore scientifico. Domani si tiene la XIV edizione, ora sotto la guida del Dott. Gabrio Zacchè. Ma voglio dire che forte e determinato fu il suo impegno con il Vescovo Caporello finchè la chiesa romanica di Barbassolo fu elevata 5 anni fa a rango di santuario. So per certo che di questa eccellenza dobbiamo essergli grati.
Stasera lo ricorderò come promotore di iniziative finalizzate a celebrare i personaggi, in questo caso segnatamente roncoferraresi e governolesi illustri, che si sono spesi in campo culturale, ma non solo. A questo scopo mi contattò, appena ricevuta la delega all’assessorato alla cultura nel 2004. Era un’offerta/richiesta di collaborazione che mi onorò e che accettai immediatamente perché collimava con lo spirito del programma che avevo in mente. Nel corso dei nostri contatti non ho difficoltà ad ammettere che provavo una sorta di ossequio deferente, non perché fosse altezzoso, anzi l’immediatezza  e l’amabilità del suo porgersi accorciavano naturalmente le distanze. Ma era per me inevitabile avvertire e riconoscere lo spessore della preparazione culturale, il carisma della personalità e, nello stesso tempo, un umanesimo sincero  che lo rendevano superiore.
Ora si è trattato di recuperare quegli eventi da lui promossi e per questo la famiglia mi ha messo a disposizione le sue carte: una quantità considerevole di articoli, interventi, presentazioni di libri, annotazioni. Per fortuna aveva l’abitudine di scrivere i suoi interventi e di conservarli. Non esagero se dico che scorrendo quei fogli ho provato un senso di soggezione,  sono entrata nel suo mondo in punta di piedi, con molto rispetto. Ho estrapolato i passaggi che ho ritenuto significativi nel tratteggio degli aspetti salienti che individuava nei personaggi presi, di volta in volta, in considerazione.
Cominciamo
Appassionato di musica e opera  lirica, iniziò con la commemorazione del soprano Margherita Benetti. La frequentazione della sua casa in Governolo lo intrigava e gli dava l’occasione per cimentarsi egli stesso nel canto o almeno di provarci. Confessò pubblicamente che ne fu dissuaso da qualcuno che se ne intendeva con un impietoso “L’è mej cad feghi al dutor” e così poi fu per nostra fortuna e di tutti i bambini che curò.
Ma i due personaggi locali di rilievo a cui guardava con sussiego, mentre era ancora studente in medicina o neodottore, furono senz’altro i due medici condotti Trazzi Armando e Zeno Negrelli, chiamato a sostituirli temporaneamente agli inizi della sua attività. Trazzi seguiva il giovane studente con interesse e simpatia. Nell’intervento in sua commemorazione, così scrive Zamboni “ Mi laureai a tarda sera, l’unico a ricevere la lode tra 13. Prima di rientrare a casa volli comunicargli la notizia. Erano quasi le dieci e stava ancora cenando; mi accolse con una felicità palpabile e colsi nei suoi occhi la stessa commozione e lo stesso compiacimento che avevo visto nei miei genitori”.
Con Zeno Negrelli maturò nel tempo e condivise la passione per la filosofia, entrambi medici filosofi umanisti, cultori di scienza e cultura classica. Nella presentazione ai libri di Negrelli “Parola di Galileo” e “La filosofia della medicina, fondamento del rapporto medici-malato” così si esprime: “Negrelli incarna la figura professionale del vecchio medico di famiglia che esercitava una forma di paternalismo buono che interpretava in modo mirabile e commovente la missione ideale di difendere la vita e di fare il bene del paziente in scienza e coscienza. Sono grato a Zeno di avere ricordato che siamo eredi dei greci e dei cristiani e anche il medico quando si spoglia della toga classica e della tunica cristiana si inaridisce e perde quella carica di umanità essenziale nella sua professione”.
Nella presentazione del libro di Dante Bettoni ”La gente e il fiume”, libro scritto sul filo della memoria, ambientato a Governolo fino agli anni della deviazione del corso del Mincio, commenta:”Un libro su Governolo e per Governolo, se lo leggeremo con attenzione e profondità, diventerà per noi governolesi  il nostro livre de chevet, il libro da tenere sul comodino per leggerne ogni tanto qualche pagina, così, per non dimenticare”.
E il plastico della conca in copertina ci collega al libro di Alberto Compagnoni “Governolo. Incrocio fra Po e la via Teutonica”. Zamboni entra nello spirito delle ricerca: “ Compagnoni si rivolge con passione alla natura dei nostri luoghi, vuole avvicinarla nel rispetto e vuole conoscerla nell’ammirazione e cerca di svelare con intelligenza  e con amore ciò che è avvolto da secoli nell’ombra dell’ignoto [….]. Gli storici di professione storceranno il naso di fronte al suo lavoro [….]. Ma noi che storici non siamo avvertiamo nel suo lavoro tanta passione e tanto amore, vediamo che pur in assenza di documenti egli sa guardare la natura, la interroga, la interpreta formula delle ipotesi  che per questo ci sembrano plausibili e rendono molto onesto il suo lavoro”.
E veniamo ai romanzi storici di Chiara Prezzavento, di cui riconobbe da subito il talento e che spronò a traguardi sempre più ambiziosi. Nel presentare “Lo specchio convesso” così si complimentava:” Questo è il complimento più bello che si possa fare alla nostra giovane autrice: in lei infatti l’equilibrio fra storia e invenzione  risulta perfetto [….]. Manifesta un’urgenza di scrivere come richiamo interiore, una disposizione autentica a raccontare ed una mano molto felice nel dipingere situazioni e particolari, tanto che il suo manifesto piacere trova immediata corrispondenza nel piacere di leggere del lettore”.
Tra le sue carte anche gli interventi, sulla Cittadella in questo caso, di saluto ai parroci in arrivo e in partenza da Governolo negli ultimi anni. In particolare di Don Lino Azzoni, al momento del saluto in partenza osserva: “Don Lino sarà sicuramente ricordato per avere ridonato alla chiesa di Governolo dopo molti anni il suono meraviglioso del suo organo eccezionale, ma in molti resterà soprattutto il rimpianto per una grande lezione di carità, troppo in anticipo sui tempi e quindi incompresa. Don Lino ci ha insegnato che la carità non consiste nella moneta che diamo distratti e seccati a chi bussa alla porta e che noi lasciamo cadere nella sua mano attenti a non toccarla, in un gesto di fredda pietà; ci ha insegnato che la solidarietà consiste nel vedere nell’altro un nostro simile da rendere partecipe al banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono ugualmente invitati [….] un messaggio d’amore che significa identificazione con l’altro”.
Il tema della carità mi dà modo di introdurre un ultimo aspetto che traggo da un inedito, un Diario d’Albania, scritto dunque per non essere pubblicato, rimasto del tutto intimo. Si riferisce a un viaggio che fece in Albania assieme a Don Giampaolo e un certo Luigi, pure lui medico, una missione della Caritas per portare aiuti a 3 suore Carmelitane  della Carità di Fushe-Mamurras. Non c’è data, ma si desume che era appena caduto il comunismo del dittatore Oxa. Rimase impressionato dall’arretratezza, dalla miseria di quel paese, dalla malnutrizione e dall’alta mortalità infantile. Mentre operava in quelle condizioni, meditò sulla lettera dell’Apostolo Giacomo “Che giova se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? La fede se non ha le opere è morta in se stessa”. In quella circostanza si trovò ad operare nella carità e ne rimase profondamente colpito. Al ritorno si ritrovò nel suo studio fra le consuetudini più care e così rifletteva:“Ho ripreso la mia vita normale, fra gli affetti familiari e nel tepore della mia casa, fra i miei quadri, la mia musica, la mia biblioteca. Le mie dita scorrono incerte sul pianoforte; sono infatti distratto da una citazione di Nietzsche (Il Crepuscolo degli Idoli) un tempo a me tanto cara:”Das Leben ohne Musik ist einfach eine Strapaze ein Irrtum”. La vita senza musica è insopportabile. Sì è vero, eppure che strano! In Albania non ne ho mai sentito la mancanza. Guardo i miei libri in panoramica e lo sguardo finisce di là dalla finestra e per un riflesso condizionato mi ritornano le parole di Cicerone “Si apud bibliothecam hortulum habes, nihil deerit” (Se vicino alla biblioteca hai anche un giardino, non ti manca proprio nulla). Sì ho anch’io un piccolo giardino vicino alla biblioteca, ma ora, dopo l’Albania, non sono più tanto sicuro che nulla mi manchi in questo luogo e che la mia vita sia proprio completa e soddisfatta”. Si insinuano le parole dell’apostolo Giacomo e il dubbio di Giorgio Zamboni, sulle quelle che fino a quel momento erano state le sue consolidate certezze, contribuisce a renderlo ancora più grande.
Ecco quanto ho scelto di proporre dalle carte del Professore. Era possibile riferire molto di più, però ci siamo dati dei tempi che è necessario rispettare. Sono infinitamente grata alla famiglia  per la fiducia e la squisita disponibilità.

 Livia Calciolari

Assessore alla Cultura Comune di Roncoferraro

 

Zamboni 2

 

Brunetta Vicini ha composto una poesia in ricordo di Giorgio.

Clicca qui per la versione sonora della poesia

Poesia Zamboni

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