Vittorio Sabbadini, Gli eretici sul lago: Storia dei catari bagnolesi, Edizioni Nomade Psichico (http://www.nomadepsichico.it/), San Nicolò Po, Maggio 2003.


Martino di Campitello, eretico cataro, fu bruciato sul rogo a Ferrara, in riva al Po, nell’anno 1265. Durante l’esecuzione della condanna non venne lasciato solo: vicino a lui, a confortarlo stava l’amico Armanno Pongilupo, che non riuscì a trattenere il suo sdegno e disse ai presenti: «Vedete, cosa sono queste azioni, bruciare questo vecchio buon uomo. La terra non deve sostenere quelli che fanno tali cose».

E’ un frammento del dramma della chiesa catara bagnolese, sètta eretica attiva nel Nord Italia dal 1180 alla fine del Duecento e con sede vicino a Mantova (presso l'attuale Bagnolo San Vito). La vicenda del catari bagnolesi è stata riportata alla luce da Vittorio Sabbadini, nel suo libro Eretici sul lago: Storia del catari bagnolesi, risultato dell’attento studio di documenti storici e fonti inedite. Armanno Pongilupo e Martino di Campitello sono due figure di rilievo, a cui è stato concesso il giusto omaggio, nel contesto di una vera e propria odissea che porterà i catari bagnolesi a subire la repressione e a fuggire verso Sirmione e l’Emilia (da Bologna fino a Rimini).

Sabbadini descrive la geografia della presenza catara bagnolese, col suo “epicentro” sulle rive del lago che lambiva Bagnolo fino a raggiungere la città di Mantova. Ma i catari bagnolesi si caratterizzavano anche per la spiccata peculiarità delle riflessioni teologiche, che in alcuni casi si distanziavano notevolmente dal “dualismo assoluto” della nota chiesa catara di Desenzano (in totale le chiese catare in Italia erano, a quanto pare, almeno sei).

E’ un viaggio affascinante, attraverso suggestioni filosofiche ed esistenziali che vengono da lontano, molto probabilmente dal Vicino e Medio oriente: il catarismo accoglie elementi gnostici, bogomili e influssi derivanti dalla tradizione del primo Cristianesimo e dell’esperienza monacale e ascetica di Basilio e Origene.

Vengono posti in primo piano gli elementi specifici della chiesa catara bagnolese, con scoperte documentali di grande interesse. Sul lago di Bagnolo vivevano e operavano con ogni probabilità veri e propri “teologi”, che hanno dato vita a una riflessione di carattere religioso e indubbiamente anche speculativo di notevole importanza.

“Nel 1273 viene citato Sirmione come nido di catari; anzi, colà risiedeva il loro vescovo Lorenzo. In quell’anno si occupò degli eretici di Lazise, frate Timidio, allora inquisitore... Nel 1275 fu fatto vescovo di Verona il suddetto frà Timidio. Costui, con l’inquisitore Filippo Bonacolsi, il padre di lui Pinamonte, (quegli che fu capitano del popolo di Mantova), e Alberto della Scala, mossero, con una schiera di armati, contro Sirmione e presero questo borgo addì 12 novembre 1276. Vi catturarono 166 tra eretici ed eretiche e condussero a Verona i prigionieri, ponendoli in balìa di Mastino. Questi li tenne in carcere e null’altro fece contro di essi, ma, dopo la sua morte, successogli nel capitanato il fratello Alberto, la maggior parte di quei prigioni fu condannata al rogo. Il loro supplizio fu eseguito addì 13 febbraio 1278”.

Il testo non propone un “lieto fine”, almeno per i bagnolesi rifugiatisi a Sirmione (il discorso è in parte diverso per gli eretici fuggiti verso l’Emilia). D’altronde, i catari non si sottraevano ai colpi taglienti delle forze del Male, li accoglievano invece come viatico per la salvezza eterna e come rimedio alla “caduta” originaria dell’uomo: “Da ultimo Satana pensò di far l’uomo per averlo suo servo, e prese del limo della terra e fece l’uomo simile a sé e ordinò all’Angelo del secondo cielo di entrare nel corpo di fango. Poi prese il fango e fece un altro corpo, in forma di donna e ordinò all’Angelo del primo cielo di entrarvi. E gli Angeli piansero molto vedendosi imprigionati dentro una forma mortale, nella diversità dei loro sessi”.

Dopo la sua morte Armanno Pongilupo, bagnolese, pur in odore di santità fu oggetto di un processo “postumo” per eresia. Le sue ossa vennero riesumate dalla cattedrale di Ferrara e bruciate sul rogo. Il Male era conosciuto e con esso necessariamente si conviveva, sul lago di Bagnolo.